Indice FAO dei prezzi dei prodotti alimentari ancora in calo a gennaio, grazie alla diminuzione dei prezzi di grano e mais

La produzione di cereali secondari dovrebbe raggiungere il massimo storico, con un conseguente aumento dell’offerta complessiva e delle prospettive di scambio a livello globale

FAO

Mais pronto per essere raccolto.

©FAO/Olivier Asselin

02/02/2024
Roma – L’indice di riferimento dei prezzi internazionali delle derrate alimentari è tornato a scendere a gennaio, sia pur di poco, trainato dal calo delle quotazioni di cereali e carni, che ha ampiamente compensato l’incremento dei prezzi dello zucchero A darne notizia, in data odierna, è l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO).

L’Indice FAO dei prezzi dei prodotti alimentari, che rileva le variazioni mensili dei prezzi internazionali di un paniere di generi alimentari oggetto di scambi commerciali a livello mondiale, ha registrato un valore medio di 118 punti, in flessione dell’1 percento da dicembre e del 10,4 percento rispetto al valore di un anno fa.  

Rispetto al mese scorso, l’Indice FAO dei prezzi dei cereali è diminuito del 2,2 percento. La forte concorrenza tra esportatori e l’arrivo di forniture del recente raccolto nei paesi dell'emisfero meridionale hanno fatto arretrare i prezzi delle esportazioni di grano a livello mondiale. Le quoatzioni internazionali del mais hanno registrato un calo significativo legato al miglioramento delle condizioni dei raccolti e all’inizio della mietitura in Argentina, nonché all’incremento delle forniture negli Stati Uniti d’America. In controtendenza rispetto a questa dinamica appaiono i prezzi del riso, che, in gennaio, hanno subito un rincaro dell'1,2 percento in un contesto di forte domanda di esportazione della varietà “Indica” di qualità superiore da Thailandia e Pakistan, e di un’intensificazione degli acquisti da parte dell’Indonesia.

Indice FAO dei prezzi degli oli vegetali è cresciuto di un modesto 0,1 percento rispetto a dicembre – rimanendo a un livello inferiore del 12,8 percento rispetto al valore dell’anno precedente - a causa dei moderati incrementi delle quotazioni internazionali degli oli di palma e di semi di girasole, sufficienti a controbilanciare la frenata dei prezzi degli oli di soia e colza. Per quanto riguarda l’olio di palma, l’aumento dei prezzi mondiali si spiega con una contrazione stagionale della produzione nei principali paesi produttori e con le preoccupazioni suscitate dalle condizioni meteorologiche sfavorevoli osservate in Malaysia. Contemporaneamente, lo slancio della domanda di importazioni ha leggermente spinto verso l'alto anche i prezzi dell’olio di semi di girasole. Viceversa, le quotazioni internazionali degli oli di soia e di colza hanno subito una battuta d’arresto, dovuta, rispettivamente, a prospettive di abbondanti forniture dall’America latina e a una persistente ampia disponibilità di prodotti in Europa.

L’Indice FAO dei prezzi dei prodotti lattiero-caseari è rimasto praticamente invariato rispetto al dato rivisto a dicembre, attestandosi al 17,8 percento sotto il valore dello scorso anno. I prezzi internazionali di burro e latte intero in polvere hanno ritrovato slancio in gennaio, soprattutto a causa di una maggiore vivacità della domanda da parte degli acquirenti asiatici, che ha quasi neutralizzato il calo della domanda di latte scremato in polvere e formaggio.

L’Indice FAO dei prezzi della carne è calato dell’1,4 percento rispetto a dicembre, confermando un trend al ribasso per il settimo mese consecutivo. Abbondanti forniture da parte dei principali paesi esportatori hanno trascinato verso il basso le quotazioni internazionali delle carni avicole, suine e bovine. Diverso appare l’andamento dei prezzi internazionali della carne ovina, caratterizzato da rincari per l'effetto congiunto di un’elevata domanda di importazioni a livello globale e di una contrazione delle forniture di animali da macello in Oceania.

L’Indice FAO dei prezzi dello zucchero è aumentato dello 0,8 percento rispetto al mese precedente, sostenuto dai timori legati al probabile impatto di precipitazioni interfiori alla media sulle coltivazioni di canna da zucchero in Brasle - il cui raccolto è previsto ad aprile – e da prospettive di produzione sfavorevoli in Thailandia e India.

Produzione cerealicola record nel 2023

Nel 2023, la produzione di cereali, a livello mondiale, sembra destinata a raggiungere il primato assoluto di 2 836 milioni di tonnellate, con un aumento dell’1,2 percento rispetto al 2022. È quanto emerge dalle nuove previsioni contenute nell'ultimo Bollettino sulla domanda e l'offerta dei cereali della FAO, pubblicato, anch'esso, in data odierna.

La produzione mondiale di cereali secondari è ora fissata al volume record di 1 523 milioni di tonnellate, dopo l’aggiustamento verso l’alto di 12 milioni di tonnellate effettuato questo mese. La revisione riflette, in buona parte, i nuovi dati ufficiali provenienti da Canada, Cina (continentale), Turchia e Stati Uniti d’America, dove la concomitanza di rese più abbondanti e maggiori superfici destinate alla coltivazione, rispetto a quanto previsto in passato, ha determinato il ritocco verso l'alto delle stime di produzione di mais.

Le previsioni relative all’utilizzo di cereali, a livello mondiale, nel periodo 2023-2024 parlano di un consumo di 2 822 milioni di tonnellate, in crescita di 8,9 milioni di tonnellate, rispetto alla stima di dicembre e dell'1,2 percento, rispetto al livello del 2022-2023. Tale crescita rifletterebbe un incremento maggiore rispetto all’uso di mangimi precedentemente anticipato, soprattutto nell’Unione europea, nonché in Australia e negli Stati Uniti d’America.

Di conseguenza, si attende un rapporto mondiale tra riserve e utilizzo di cereali che, nella campagna 2023-2024, dovrebbe attestarsi su un valore complessivamente favorevole del 31,1 percento, rispetto al 30,9 percento registrato nella campagna 2022-2023.

Quanto al commercio mondiale di cereali, nel 2023-2024, questo dovrebbe raggiungere un volume di 480 milioni di tonnellate, in aumento dello 0,8 percento rispetto all’anno precedente, grazie, soprattutto, ai maggiori volumi di scambio attesi per i cereali secondari, mentre gli scambi commerciali di grano e riso, a livello mondiale, potrebbero subire una contrazione.

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