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Capitolo 3
Continuità e rottura con l'esperienza delle zone liberate: l'indipendenza

Il 7 settembre 1974 gli accordi di Lusaka mettevano fine alla guerra. Il 25 giugno del 1975 il Mozambico diveniva indipendente. Il Frelimo estendeva la sua egemonia politica su tutto il paese. Il presidente della Repubblica, Samora Machel, nel discorso di presa di potere indicava l'esperienza delle zone liberate come fonte d'ispirazione per la strategia di sviluppo del nuovo Stato.

«Nel definire una strategia di sviluppo dobbiamo valorizzare ciò che costituisce la nostra forza principale, cioè la mobilitazione e l'organizzazione della popolazione. Per questo dobbiamo guardare alla nostra stessa esperienza, ed in particolare all'esperienza delle zone liberate. [...] Non dobbiamo cercare le soluzioni dei nostri problemi in palliativi miracolosi che vengono dall'estero, ma dobbiamo contare innanzitutto sulle nostre forze».1

L'esperienza delle zone liberate, anche se ricca e consolidata durante un decennio, non aveva raggiunto al momento della sua massima espansione, più del 10% della popolazione, distribuita su circa 1/5 del territorio mozambicano. Non si trattava di trasporre meccanicamente in tempo di pace al Centro e al Sud del paese l'esperienza vissuta nel Nord durante la lotta di liberazione. Il discorso di Machel non era un invito a trasferire dei modelli ma ad applicare un metodo di democrazia nato e sviluppatosi nelle zone liberate.2

Nelle zone rimaste sotto il controllo dell'esercito portoghese fino all'indipendenza, ed in particolare nelle città, l'egemonia culturale coloniale era ancora viva e ostacolava il programma del nuovo governo. Per tanto tempo la gente era stata vittima passiva delle autorità coloniali, pronta agli ordini di funzionari e burocrati, privata della possibilità e della capacità di organizzare la propria produzione e la propria vita. Imparare ad essere liberi sarebbe stato un processo formativo lungo e complesso. Avrebbe richiesto lo sviluppo della fiducia in se stessi, del senso della responsabilità e la padronanza delle conoscenze scientifiche e tecniche necessarie per operare nei principali rami della produzione. Il Frelimo insisteva sulla necessità di una profonda trasformazione che conducesse a superare la coscienza alienata creata dal colonialismo e a fornire conoscenze e abilità necessarie ai piani di sviluppo. Nella strategia del Fronte l'uomo era l'elemento centrale, attore e non spettatore, della ricostruzione nazionale. L'indipendenza, conquistata sul piano politico con la lotta di liberazione, andava ricercata anche sul piano economico, sociale e culturale.

A differenza di ciò che era avvenuto nelle zone liberate, nel 1975 il Fronte si trovava ad essere «dominante» in regioni in cui non era ancora divenuto «dirigente».

L'esercizio della sovranità nazionale e la promozione di uno sviluppo endogeno postulavano in primo luogo la creazione delle risorse umane necessarie per affrontare efficacemente i nuovi compiti. Una nuova direzione culturale diveniva altrettanto necessaria per promuovere lo sviluppo, di quanto non lo fosse stata per conquistare l'indipendenza. Mancavano quadri dirigenti con un solido background culturale e professionale. I guerriglieri del Frelimo formati durante la lotta di liberazione si trovavano a confrontarsi con compiti nuovi che richiedevano conoscenze e abilità di cui spesso ancora non erano in possesso e andavano formandosi sul campo procedendo per tentativi ed errori. Mancavano i tecnici intermedi e il personale qualificato per ogni livello e ogni settore della vita del paese. Perciò la trasformazione del sistema educativo coloniale in base al metodo maturato nelle zone liberate era considerato essenziale per consolidare l'indipendenza e promuovere lo sviluppo.3

Nella analisi della trasformazione del sistema educativo esposta nelle pagine che seguono, vengono distinte due fasi. La prima, dall'indipendenza ali'82, è stata caratterizzata da dei cambiamenti nel sistema ereditato dal colonialismo. La seconda, iniziata nel 1983, è presentata dalle autorità mozambicane come un cambiamento di sistema.4

a) I cambiamenti nel sistema

Al momento dell'indipendenza la piramide scolastica presentava un'accentuata disparità tra base e vertice. Considerevoli diseguaglianze opponevano la scolarizzazione dei bianchi a quella dei neri, quella dei maschi a quella delle femmine, le scuole e gli insegnanti delle zone rurali a quelli delle città. L'insufficienza della rete scolastica contribuiva ad accentuare il fenomeno della fuga dalle campagne verso i centri urbani. In tutti i livelli e rami del sistema educativo l'esodo massiccio dei portoghesi determinava una drammatica mancanza di insegnanti. La formazione e la maturità di quelli che restavano era spesso inadeguata ai nuovi compiti e alle responsablità crescenti determinate dalla nuova situazione.

In molti centri educativi la tradizione culturale ereditata dal colonialismo produceva una forte resistenza alla trasformazione. Ho raccolto ad esempio la testimonianza di alcuni insegnanti che a Beira hanno assistito a vere e proprie azioni di sabotaggio. Hanno raccontato che alcuni colleghi portoghesi che avevano deciso di andare via dopo la proclamazione dell'indipendenza ridicolizavano la direttiva del Frelimo di introdurre nelle scuole il lavoro manuale facendo costruire agli studenti, a spese delle finanze scolastiche, i container per il loro bagaglio. Avevano soprannominato questa attività con cinismo produzir para nos ir (produrre per farci partire).

Questa, in sintesi, la situazione che il nuovo governo si trovava ad affrontare. Le linee direttive del programma di sviluppo prevedevano tra le altre cose, per affrontare la «ricostruzione nazionale», la garanzia del diritto allo studio per tutta la popolazione e la formazione dei quadri a tutti i livelli per far fronte alle necessità dello sviluppo.5 Dato che circa l’87% della popolazione del Mozambico viveva in ambiente rurale ed il programma del Frelimo considerava l'agricoltura come la sua base e l'industria un fattore di dinamizzazione, il sistema scolastico coloniale, di carattere elitista e urbano, si rivelava inadeguato alle finalità del governo.

I primi sette anni di indipendenza sono stati caratterizzati da un intervento di riforma rivolto a operare alcuni cambiamenti nel sistema ereditato, per evitare il collasso dell'unica struttura formativa di cui il paese disponeva e far fronte a breve termine alla mancanza di quadri. La continuità col sistema educativo precedente, nel suo insieme, non ha impedito la rottura con quelle componenti considerate in contraddizione con la Costituzione del nuovo Stato indipendente. Così il 24 luglio del 1975, un mese dopo l'indipendenza, è avvenuta la nazionalizzazione delle scuole. Ogni tipo di insegnamento privato è stato soppresso. Alla Chiesa è stato proibito di gestire istituzioni formative e l'insegnamento della religione è stato tolto dai programmi.

L'abolizione dell'insegnamento privato è stata motivata con l'intento di superare un'istituzione che aveva operato fino ad allora come uno dei principali fattori di discriminazione razziale e sociale. Molti religiosi che hanno continuato a lavorare nella scuola sono divenuti dipendenti statali alla stregua degli altri insegnanti.

Le premesse della riforma dei contenuti dei programmi risalgono al «Seminario di Beira», svoltosi nella capitale della regione di Sofala nel gennaio del 1975. Obiettivo del Seminario era «spurgare i programmi da tutto ciò che fosse contrario all'ideologia del Frelimo». In quell'occasione veniva posta un'enfasi particolare sulla necessità di estendere le attività produttive nelle scuole per applicare il principio del legame dello studio con la produzione e della teoria con la pratica.6 Iniziava inoltre un processo di «africanizzazione» dei contenuti dei programmi, un passo che è stato tipico, d'altronde, del periodo postcoloniale di gran parte dei paesi africani. I manuali degli insegnanti e i libri di testo del periodo coloniale — in particolare quelli di storia, geografia e portoghese, dove la connotazione nazionalista era più evidente — venivano tolti di circolazione. Queste materie più di altre erano state centrate sulla realtà portoghese e sull'opera di «civilizzazione» del colonialismo e trasmettevano un messaggio di alienazione culturale incompatibile con il programma del nuovo governo. Per diversi anni, finché non sono stati elaborati centralmente nuovi manuali, sono stati prodotti localmente per iniziativa di gruppi di insegnanti testi d'appoggio, ciclostilati, o anche solo manoscritti. Essi spesso costituivano l'unico strumento didattico a disposizione e testimoniavano la creatività e l'impegno dei loro autori. I nuovi contenuti venivano calati però in una vecchia struttura e questa a volte tendeva a soffocare la loro portata innovativa.

I metodi dogmatici e catechistici della scuola d'elite, libresca e «inessenziale» non subivano un cambiamento altrettanto significativo in funzione delle nuove finalità e delle necessità della popolazione scolastica del dopo indipendenza. Essa presentava infatti caratteristiche e necessità culturali assai diverse da quelle dei giovani coloni. Nonostante il notevole impegno di trasformazione, la scuola rimaneva ancora distante dalla vita e dalla produzione. Pur essendosi decisamente aperta nella nuova fase alle popolazioni delle zone rurali essa manteneva il carattere urbano ereditato dal sistema precedente.

b) La democratizzazione delle scuole: la Opae

Mentre la struttura globale del sistema educativo non subiva grandi modificazioni fino al 1983, subito dopo l'indipendenza si assisteva a dei cambiamenti significativi nell'organizzazione interna delle scuole che, a tutti i livelli, erano riorganizzate in base all'esperienza del Frelimo nelle zone liberate. Così nel 1975 veniva istituita la Organizzazione politica e amministrativa delle scuole (Opae). La direzione individuale delle scuole veniva sostituita da una direzione collettiva. Il ministro dell'Educazione spiegava così l'innovazione:

«Nelle scuole liberate dal regime coloniale [...] abbiamo democratizzato le strutture a tutti i livelli, trasformando la direzione in un organo collettivo in cui professori e alunni partecipino al processo di ricostruzione nazionale».7

I metodi democratici di direzione dovevano costituire una «opportunità di apprendimento dell'esercizio del potere» per insegnanti, alunni e funzionari delle scuole. L'Opae li organizzava in collettivi di lavoro in cui discutevano e decidevano di molti aspetti della vita scolastica.

Le strutture collettive degli alunni erano i «gruppi di studio» e la «classe». Ogni gruppo era diretto da un responsabile eletto. L'insieme dei gruppi costituiva la classe, diretta da un «consiglio di classe» che riuniva i responsabili dei gruppi di studio, un alunno «responsabile di classe» e un insegnante scelto dagli alunni come «direttore di classe». In questi organismi venivano discussi i più diversi aspetti della vita della classe, come il comportamento e i  risultati scolastici dei singoli studenti, i metodi di insegnamento, i rapporti interpersonali, i modi per concretizzare i princìpi della nuova scuola come il legame con la comunità, o l'intreccio dello studio con il lavoro e della teoria con la pratica. Anche gli insegnanti erano organizzati in colletti vi, divisi secondo le materie. Discutevano collettivamente la pianificazione didattica e scambiavano le loro esperienze. Era un'opportunità di formazione e riqualificazione per i più giovani come per i più anziani. Nel collettivo dei funzionari venivano discussi problemi specifici come le condizioni di lavoro, le relazioni con le altre componenti della vita scolastica o problemi politici e sociali. Per molti questi momenti erano la prima opportunità di esprimersi e discutere liberamente, di conoscere la politica del Frelimo e un'ideologia che metteva in discussione idee e valori indiscussi per secoli.

I collettivi di alunni, insegnanti e funzionari si incontravano nelle «sezioni», che erano dei collettivi specializzati su diversi aspetti della vita scolastica. V'erano ad esempio sezioni di cultura, di sport, di salute e igiene, di disciplina e problemi sociali, di scuola-comunità, di amministrazione e di studio-lavoro. La direzione della scuola era gestita da un collettivo costituito da un direttore pedagogico, un direttore amministrativo e un direttore politico, sussidiati da un «Consiglio della scuola». Nel Consiglio partecipavano i rappresentanti degli studenti, dei genitori, del gruppo dinamizzatore del quartiere, dell'Organizzazione della gioventù mozambicana. Veniva spesso ricordato, richiamando la tradizione del Frelimo nelle zone liberate, che la collettivizzazione della direzione non doveva escludere il principio del «centralismo democratico», ossia della subordinazione delle istanze inferiori a quelle superiori. Ma in passato il Frelimo aveva anche sottolineato che

«è grazie alla partecipazione costante della base nell'elaborazione delle decisioni che si assicura che il centralismo sia democratico e non burocratico».8

Samora Machel durante il periodo della guerra di liberazione ha opposto alla famosa definizione leninista di «centralismo democratico» il suo contrario, la caricatura, il «centralismo burocratico». Minaccia costante alla democrazia interna nel partito e nello Stato, esso rischia di snaturarne la politica rivestendo di un carattere poliziesco il loro potere. La burocrazia è la cristallizzazione del personale dirigente, che si appropria dello Stato come fosse sua proprietà privata e si costituisce ad un certo punto, in casta. In quanto tale ha come obiettivo solo i propri interessi e dimentica di aver assunto il suo ruolo in nome di coloro che invece sottomette al suo potere. Per Machel il carattere democratico poteva appartenere unicamente a un centralismo, sensibile alle indicazioni che emergono dalla base e capace di rielaborarle grazie ad una solida organizzazione dell'apparato di direzione che assicuri la continuità e l'accumulazione di esperienze e quindi lo sviluppo. Il centralismo democratico costruisce l'unità tra dirigenti e diretti non per conformismo acritico ma con il movimento, che nella scuola significa confronto e scambio tra direzione, insegnanti e alunni. Il centralismo burocratico rappresenta la paralisi e la resistenza al cambiamento e si basa su un'unità solo formale. Nel centralismo burocratico la relazione dialettica tra dirigenti e diretti scompare e i primi si attribuiscono il monopolio del sapere e delle decisioni.

Nelle scuole dopo l'indipendenza emergeva tuttavia una tendenza burocratica e accentratrice che svuotava progressivamente il senso dato precedentemente dal Frelimo al «centralismo democratico» e riduceva poco a poco anche lo spazio per la creatività e l'iniziativa della base. Questo fenomeno può essere interpretato come conseguenza dell'inadeguata formazione e della inesperienza dei nuovi quadri dirigenti. Spesso direttori giovani, coetanei degli insegnanti e poco più anziani degli studenti, cercavano di garantire la loro autorità creando una certa distanza dal resto del corpo docente e dagli alunni ed evitando un confronto franco e aperto. Il richiamo all'ordine, alla disciplina, alla cura del vestiario, si sostituiva sempre più frequentemente al richiamo alla creatività e all'innovazione. Formalismo e autoritarismo prendevano il posto di una gestione democratica della scuola, ispirata al metodo delle zone liberate. Più spesso ciò rivelava l'emergere ed il consolidarsi di una classe media, che nella nuova situazione tendeva a garantirsi dei posti di potere nell'apparato statale e a trasformarlo progressivamente a proprio vantaggio.

Nel funzionamento della Opae sono esistite senza dubbio difficoltà oggettive. Questo tipo di organizzazione si è rivelato piuttosto impegnativo, soprattutto per gli studenti più giovani. Anche gli insegnanti, che avevano in media 30 ore settimanali di lezioni ed una remunerazione relativamente modesta in confronto ad altri lavori che richiedevano la stessa qualificazione, trovavano difficoltà ed erano poco motivati a svolgere le funzioni previste dalla nuova organizzazione scolastica. Nel 1979 un discorso del ministro dell'Educazione faceva sperare in misure che rendessero più funzionale l'Opae senza tuttavia snaturarne le finalità.

«La concretizzazione dell'Opae non ha ottenuto finora i risultati che ci aspettavamo. Dovremo ripensare il perché di tutti questi limiti e scoprire il modo in cui l'esercizio del potere popolare nelle scuole diventi una realtà».9

Invece si è assistito a un progressivo svuotamento del potere decisionale e rappresentativo degli studenti e degli insegnanti. In nome del centralismo democratico è stata reintrodotta la direzione individuale delle scuole. L'iniziativa della base ha risentito dell'accentrarsi del potere nei vertici provinciali, regionali e nazionali. Prima dell'indipendenza il Fronte teorizzava che la pratica della democrazia era la migliore scuola per formare una mentalità adeguata al programma di trasformazione e sviluppo del paese. La garanzia di un ordine nuovo sarebbe dipesa dalla capacità di autogoverno della popolazione mozambicana. La democrazia nella scuola e la riconciliazione dell'insegnamento con l'apprendimento, degli insegnanti e degli alunni, erano visti come passi necessari per superare la contrapposizione tra dirigenti e diretti, tra lavoro manuale e intellettuale nella società, ed evitare che nascessero «nuovi sfruttatori».

Anche dopo l'indipendenza il Frelimo aveva messo in guardia contro i pericoli di una gestione antidemocratica dei diversi settori della vita del paese. Machel in persona aveva condotto nel 1980 la «offensiva politica organizacional» con l'intento di consolidare i metodi di direzione democratici.

Contro la burocrazia il Frelimo aveva insistito sulla necessità di sviluppare insieme alla pianificazione, la creatività e l'iniziativa della base. Nonostante ciò dopo i primi anni d'indipendenza nella scuola come in altri settori della vita del paese il «centralismo burocratico» aveva spesso il sopravvento sul «centralismo democratico». Questa tendenza portava taluni ad affermare che la direzione della scuola, essendo espressione dello Stato e quindi del «potere popolare», di per sé avrebbe tutelato gli interessi del paese intero, e quindi anche degli studenti. La rappresentanza degli studenti negli organi direttivi veniva abolita. Per giustificare queste misure, figure autorevoli come ad esempio il direttore della facoltà dell'educazione, sostenevano che i giovani, in quanto tali, non avevano la maturità per partecipare alla organizzazione della vita della scuola. Questo argomento ne ricordava uno simile utilizzato dal governo portoghese che giustificava la dominazione europea con l'immaturità dei neri. Il Frelimo aveva contestato con la sua esperienza nelle zone liberate questo tipo di affermazioni dimostrando che la gestione democratica della scuola, come della società in generale, fosse l'unico metodo efficace di sviluppo. Anche la partecipazione degli insegnanti alla direzione delle scuole si riduceva, mentre quella dei funzionari rimaneva una breve esperienza senza seguito. La tendenza a riproporre inalterati nella sostanza, modificati solo nel nome, scelte e comportamenti che il Frelimo aveva contestato nel sistema educativo coloniale si estendeva tra la nuova gerarchia educativa. Il processo di democratizzazione dell'educazione tendeva lentamente a sclerotizzarsi. Il «marxismo formale» forniva un'etichetta nuova a posizioni tradizionali che in precedenza erano state contestate. Diveniva la trascrizione di teorie e scelte convenzionali protette dalle critiche dei progressisti dal carattere sacro di dogma.10

Era questo un fenomeno latente, che procedeva accanto alle dichiarazioni ufficiali di segno opposto. In pochi ne hanno avuto coscienza. Vale la pena a questo proposito citare uno di quei pochi, Adolfo Casal:

«Qualsiasi istituzione sociale accanto alle funzioni esplicite, possiede altre funzioni latenti, involontarie o incoscienti. Queste funzioni, che generalmente sfuggono all'analisi dei non specialisti, se non individuate in tempo, possono assumere una tale importanza da divenire, da elementi contraddittori nell'organizzazione, addirittura i fondamenti di un'anti-istituzione».11

c) Scuola primaria

L'incremento più significativo della popolazione scolastica dopo l'indipendenza è avvenuto nella scuola primaria. Il numero degli iscritti è passato da 672.000 nel 1975 a 1.428.000 nel 1980.12 Per far fronte all'insufficienza della rete scolastica coloniale e rispondere alla crescente domanda d'istruzione è stato istituito il sistema dei due turni che ha raddoppiato la capacità formativa del ciclo primario. Sono state create, su iniziativa locale e centrale, varie centinaia di nuove scuole, molte di esse nelle zone rurali ed in particolare nella «aldeias comunais».

In Mozambico, secondo il censimento del 1980, l'87% della popolazione risiedeva nelle zone rurali. Nonostante ciò a questa categoria apparteneva appena il 57% degli alunni iscritti nelle scuole primarie. La popolazione urbana rappresentava appena il 13% del totale della popolazione mozambicana ma costituiva il 43% della popolazione scolastica.13 Questi dati mostrano, da un punto di vista quantitativo, come la contrapposizione tra città e campagne, tra cultura e lavoro ed il rapporto privilegiato della popolazione urbana con la scuola, ereditati dal colonialismo, fossero ancora una realtà fortemente radicata. Il grafico che segue14 mostra lo squilibrio esistente tra la scolarizzazione della popolazione rurale e urbana in termini assoluti.

L'espansione della scuola è stata considerata, di per sé, un fatto positivo. Nelle zone rurali, nelle «aldeias comunais», le scuole erano, per le loro finalità, per i contenuti e le metodologie dell'insegnamento, uguali alle scuole delle città. Il modello urbano, teorico, separato dalla vita e dalla produzione, veniva esteso alle altre regioni del paese senza esser messo in discussione. La scuola che durante il periodo coloniale era riservata a un'elite, veniva estesa con l'indipendenza alle classi subalterne mantenendo inalterate le sue caratteristiche essenziali. La preparazione alla scuola secondaria restava la finalità principale. Questo tipo di scuola primaria non preparava i giovani, che avrebbero abbandonato gli studi prima delle secondarie, a integrarsi nell'agricoltura familiare e nel movimento cooperativo. Stimolava piuttosto l'esodo della gioventù dalle zone rurali verso le città e la spaccatura tra generazioni. Spinti dalla speranza di trovare un posto di lavoro nell'amministrazione o nei servizi, o di riuscire a iscriversi nelle scuole secondarie, sradicati dal loro ambiente, molti giovani sono andati a ingrossare il numero dei disoccupati dei grandi centri urbani e a vivere di espedienti.

Incapace di analizzare le origini di questo problema correttamente e di intervenire sulle sue diverse cause, lo Stato è ricorso alla coercizione. Il lavoro veniva imposto con la forza. Nel 1983 decine di migliaia di persone sono state deportate durante la tristemente nota Operação produção («Operazione produzione»)15 dalle città alle zone rurali, dove nella maggior parte dei casi non erano state create le condizioni per l'inserimento. In migliaia hanno perso la vita. Molti sono fuggiti. Molti hanno ingrossato le fila della Renamo. Molti erano giovani. In ogni caso la popolarità del partito ne ha risentito. Il consenso, fino ad allora pressoché totale, si è incrinato. La Renamo ha trovato un terreno fertile su cui lavorare.

Si è consapevoli che molti dei problemi descritti non sono caratteristici esclusivamente del Mozambico. Tuttavia il programma del Frelimo, fatto proprio dal governo indipendente, aveva creato nuove aspettative tra la popolazione ed in particolare tra i contadini che erano stati i principali sostenitori del Fronte di liberazione sin dalla lotta armata. L'importanza attribuita nelle dichiarazioni ufficiali e nei testi allo sviluppo rurale faceva pensare che sarebbero state prese misure coerenti anche in campo educativo.

La «democratizzazione» e l'«universalizzazione» dell'educazione sono stati dichiarati «princìpi» del sistema educativo indipendente.16 La nazionalizzazione delle scuole ha generalizzato il controllo del nuovo Stato sul sistema educativo ed ha portato all'abolizione del dualismo razziale del sistema scolastico coloniale. I contenuti dei programmi sono stati «africanizzati». Si è sostituita la storia e la geografia del Mozambico a quella del Portogallo. La lettura di autori mozambicani ha sostituito quella dei classici portoghesi. Queste trasformazioni sono state senz'altro una considerevole innovazione rispetto al passato. Tuttavia non sono state sufficienti per rendere il sistema educativo funzionale ai programmi di sviluppo del paese, che sono innanzitutto programmi di sviluppo rurale. Non v’è stato un tentativo di far nascere un nuovo sistema educativo dalla realtà e dalle necessità del mondo rurale. La realtà contadina è sconosciuta alla maggior parte di insegnanti e tecnici che, centralmente, hanno lavorato alla riforma del sistema. Di origine urbana, questo ceto mostra per lo più ignoranza o disinteresse per la vita della popolazione delle zone rurali; a volte anche disprezzo. Questo fenomeno si rileva anche tra persone appartenenti a famiglie urbanizzatesi di recente. In questo caso si costata a volte che il desiderio di ascesa sociale porta ad un deciso rifiuto dei legami con l'ambiente rurale. Un esempio: nel 1981, nel corso di una ricerca condotta nelle zone rurali della regione del Niassa, per fare il rilievo della rete delle scuole primarie di quella zona, insieme a due studenti della facoltà dell'Educazione, che oggi ricoprono responsabilità di un certo livello in ambito educativo, si è rilevato che il loro atteggiamento nei confronti dei nostri interlocutori locali — responsabili distrettuali dell'educazione, direttori di scuole, insegnanti — era di critica, di insegnamento e di comando. Per il fatto che venivano dalla capitale e dall'università consideravano fosse loro dovuto rispetto e sottomissione, fino al punto di esigere che venissero preparati per noi dei pasti al di sopra delle possibilità dei nostri ospiti, anche se era evidente che ciò avrebbe costituito per essi un problema. Quando si è trattato di andare in un villaggio a due giorni di distanza dalla capitale regionale, raggiungibile solo in Landrover per una strada piuttosto dissestata, uno dei due studenti si è rifiutato di venire.

Nonostante le innovazioni introdotte nel sistema educativo, il Mozambico non è uscito dalla logica di estendere il modello formativo urbano alla campagna perché è mancata la ricerca della specificità del mondo rurale e delle sue esigenze. La scuola, che pure si è andata diffondendo nelle zone rurali, non è ancora per esse. Il tipo di educazione che vi si impartisce genera l'idea che la risoluzione dei problemi delle popolazioni delle zone rurali come la fame, la nudità, le malattie, sia da ricercarsi nelle città, individualmente. Rompe la tradizione, tipicamente africana, di solidarietà tra i membri di uno stesso gruppo sociale nella vita quotidiana e nella ricerca di una soluzione ai problemi comuni. Questa scuola, che non è integrata nell'ambiente rurale, opera così contro gli stessi piani del Frelimo che indicano, tra l'altro, nello sviluppo delle zone rurali, la strada per uscire dalla miseria.17

L'introduzione della produzione nelle attività scolastiche può contribuire a reintegrare la scuola nella vita delle comunità rurali e a fornire gli elementi per un'alternativa pedagogica. La pianificazione dei programmi dovrebbe sorgere da queste esperienze, nelle zone rurali, nei villaggi e nelle «aldeias comunais». mento da educacao e il ministero dell'Educazione, e successivamente è stata trapiantata nel resto del paese.

d) Educazione secondaria

L'esplosione scolastica verificatasi nella scuola primaria ha determinato l'aumento graduale anche della popolazione delle scuole secondarie. In cinque anni gli alunni delle scuole secondarie sono passati circa 30.000 a più di 80.000. Nonostante anche la popolazione delle secondarie sia quasi triplicata, la piramide scolastica ha continuato a presentare nel suo insieme uno squilibrio considerevole tra base e vertice. La maggior parte degli studenti abbandona la scuola primaria senza giungere alle secondarie. Una ricerca condotta dal ministero dell'Educazione nel 1982 ha costatato che meno del 10% degli alunni che iniziava la scuola concludeva la 4a classe quattro anni dopo. Il tasso di abbandoni era del 21% per anno e quello delle ripetenze del 30%.18 Lo squilibrio della piramide scolastica si aggravava in modo ancor più drastico dopo la 6a classe (figura 5).

Diverse sono state le cause che hanno concorso a determinare questa situazione. Le principali sono state le caratteristiche del sistema educativo ereditato dall'epoca coloniale e la situazione socioeconomica degli studenti. La crescita della popolazione scolastica non era stata accompagnata da una crescita adeguata del numero di scuole e di insegnanti. Questa situazione ha provocato tra l'altro sovraffollamento delle aule, sovraccarico di lavoro per gli insegnanti, e uno scadimento della qualità dell‘insegnamento.

Ne hanno risentito il rendimento scolastico e la percentuale di abbandoni e ripetenze, che si è notevolmente alzata. Nel 1978 il ministero dell'Educazione calcolava ad esempio che nella 9 classe circa il 50% degli alunni ripeteva.19 L'analisi della situazione educativa nel 1979 ha condotto il Comitato centrale del Frelimo a considerare necessario pianificare l'educazione. Si proponeva di rendere la crescita della popolazione scolastica compatibile con quella del numero delle scuole e degli insegnanti e di restringere provvisoriamente l'accesso alle secondarie con delle misure che prendessero in considerazione diversi criteri, quali l'età o il rendimento scolastico.

Nelle secondarie la maggior parte degli studenti è concentrata nel ciclo preparatorio (5a e 6a) e solo una piccola percentuale conclude la 9a classe. Si accentua ancor più a questo livello lo squilibrio già constatato nelle scuole primarie, tra studenti provenienti dalle zone rurali e studenti di origine urbana. I primi costituivano nel 1980 appena il 36% del totale della popolazione scolastica dell'insegnamento secondario generale, il 16,6% dell'insegnamento tecnico ed il 13% dell'insegnamento superiore.20 Anche a questo livello il fenomeno degli abbandoni e delle ripetenze riguarda principalmente gli alunni delle zone rurali.21La distribuzione della rete scolastica secondaria contribuisce ad accentuare il fenomeno degli abbandoni. Vi sono scuole preparatorie nella maggior parte delle capitali di distretto e di provincia. Le scuole secondarie generali (7a-9a) sono principalmente nelle capitali provinciali e l'ultimo ciclo (10a 11a) esiste solo in alcune delle capitali provinciali (Beira, Nampula e Maputo). Nonostante l'indipendenza abbia aperto la scuola a utenti che fino ad allora ne erano esclusi, molti dei meccanismi che giocano a sfavore dei giovani delle zone rurali si mantengono. La decisione politica è infatti sempre assai più veloce dei cambiamenti strutturali che dipendono da numerose variabili. Anche le caratteristiche socioeconomiche degli studenti concorrono ancora ad accentuare il fenomeno degli abbandoni e delle ripetenze. Alimentazione insufficiente e inadeguata, malattie endemiche, mancanza di vestiario, grandi distanze da percorrere ostacolano una frequenza regolare. Nelle zone rurali in tutto il paese gli alunni percorrono a piedi anche decine di chilometri per raggiungere la scuola. Ciò si verifica sia come conseguenza dell'insufficienza della rete scolastica, sia per l'estrema dispersione della popolazione. La media nazionale della densità della popolazione stimata dal censimento del 1980 era di 15,8 abitanti per km2 e raggiungeva le sue punte più basse nelle province di Niassa, di Tete e di Cabo Delgado dove era rispettivamente di 4, 1, 8, 6ell,8.

Figura 5. Piramide delle entrate nell'educazione generale secondaria per anno di scolarità (1974-75, 1979 e 1984)

Mozambico: educazione e sviluppo rurale

Fonte: A. Johnston, Educaçào em Moçambique, Sida, Stockholm, março 1986, p. 77.

I movimenti migratori indotti dalla siccità in alcune regioni, da inondazioni in altre, e dalla guerra, hanno accentuato il fenomeno degli abbandoni e delle ripetenze. Su quest'ultimo influisce anche l'ambiente bilingue o addirittura plurilingue della maggior parte dei giovani mozambicani, per i quali la scolarizzazione avviene in una lingua differente dalla lingua materna. Il portoghese, lingua ufficiale del Mozambico e quindi lingua d'insegnamento, è infatti la prima lingua per appena un numero insignificante di mozambicani. Ripetenze e abbandoni sono conseguenza anche del fatto che i giovani delle zone rurali tradizionalmente debbono aiutare le famiglie nell'agricoltura di sussistenza. Il calendario scolastico non tiene conto del calendario agricolo. Così nel periodo del raccolto le diserzioni aumentano e, quando non si tramutano in abbandoni definitivi, compromettono il rendimento scolastico. Ho intervistato dei giovani nella regione di Cabo Delgado che nel periodo di ferie scolastiche, ad agosto, per aiutare le famiglie nel lavoro dei campi percorrevano a piedi 200 chilometri, dormendo e mangiando nel cammino dove e come capitava. Si fermavano a casa appena pochi giorni e ripigliavano quindi la strada del ritorno. Alcuni però non tornavano.

Data la distanza delle scuole dai luoghi di residenza degli studenti, molte scuole, soprattutto secondarie del ciclo preparatorio, sono «internados», cioè collegi. Gli alunni li frequentano gratuitamente e vitto e alloggio sono a carico dello Stato. Ma non tutti trovano posto negli internati. Per le famiglie contadine mantenere i figli agli studi implica sacrifici notevoli. Comporta oltre alla rinuncia ad un salario o ad un lavoratore in più nella produzione familiare, una spesa per mantenerli in città. Per molte famiglie ciò costituisce un'aggravio considerevole dell'economia familiare se non addirittura una spesa insostenibile. A volte constatano che a scuola i loro figli hanno sviluppato il disprezzo per il lavoro e uno «espirito de sabe tudo» (un atteggiamento di «io so tutto»). Mancano di rispetto ai più anziani e disertano i campi. Questo comportamento mette in crisi l'organizzazione economica familiare e può anche minare la sopravvivenza del gruppo. I genitori allora decidono di fare sospendere gli studi ai figli. Nelle regioni di Nampula e Cabo Delgado, di forte tradizione islamica, a distogliere i giovani dal sistema regolare d'istruzione si aggiunge la frequenza delle scuole coraniche. Altri aspetti della tradizione tribale, come i riti di iniziazione o i matrimoni prematuri delle giovani, contribuiscono ad accentuare il fenomeno degli abbandoni e delle ripetenze.

L'ultimo ciclo (10a e 11a)

L'ultima fascia dell'insegnamento secondario è stata sospesa dal 1977 al 1980 in base a misure d'emergenza prese per far fronte all'estrema necessità di personale con un livello medio di istruzione nei diversi settori di attività del paese, per sostituire i portoghesi andati via. Gli alunni che avrebbero dovuto frequentare la 10a e la 11a in quegli anni — circa 600 nel 1977 e non più di mille in seguito — venivano distribuiti in diversi settori, come l'insegnamento e la difesa, o in corsi medi per tecnici di agricoltura. Una parte di essi è stata destinata a continuare gli studi presso l'università. Qui venivano organizzati dei «corsi propedeutici» che avrebbero dovuto accelerare i tempi di formazione, e fornire in un anno un livello di preparazione equivalente alla 11g. Gli alunni dovevano trasferirsi a Maputo dalle varie regioni del paese con spese di trasporto e di mantenimento che hanno reso assai elevati per lo Stato i costi di questo tipo di formazione. Gli scarsi risultati sul piano formativo hanno portato ben presto ad estendere i corsi a due anni, rendendoli decisamente antieconomici.

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